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In questo saggio vengono indagati gli snodi semantico-concettuali di una specifica parola: la cecità. L'autore ci guida attraverso alcuni dei luoghi più conosciuti della letteratura filosofica occidentale, nei quali il concetto di cecità ha assunto le coordinate di perno semantico della narrazione. Ciò che emerge con forza dall'intersezione dei diversi significati associati alla parola cecità è dunque la molteplicità dei giochi linguistici nei quali viene utilizzata, nonché la capacità della stessa di rappresentare una chiave d'accesso alla complessità simbolica comunicata dalla grammatica del vedere. Dal confronto operato tra le immagini tratte dal mito classico e le rappresentazioni moderne della cecità fornite, tra gli altri, da Molyneux, Locke, Berkeley e Diderot, emergono così le profonde fratture sociali ed epistemologiche che, ancora oggi, le conferiscono significato. Assumere come oggetto di chiarificazione filosofica una parola comune come cecità e problematizzarne i significati assunti sul assunti sul piano della coscienza ordinaria diviene allora il medium principale per mettere in discussione i presupposti acriticamente accettati nell'uso quotidiano che se ne fa.